Zona rossa ad Alzano e Nembro, le clamorose contraddizioni di Conte
“Non ho mai ricevuto i verbali del Cts relativi alla riunione sulla Bergamasca”, avrebbe detto il Premier ai magistrati orobici secondo il Corsera. Ma lui stesso ne parlava in un’intervista rilasciata lo scorso aprile al Fatto Quotidiano…
Il Governatore della Lombardia Fontana e il Premier Conte
La mancata creazione della zona rossa ad Alzano e Nembro torna prepotentemente a far parlare di sé. E lo fa con uno sviluppo che, se confermato, avrebbe del clamoroso. Perché, secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera, il bi-Premier Giuseppe Conte avrebbe fatto un’affermazione ben precisa ai Pm di Bergamo che indagano sul caso. Un’affermazione che però contraddirebbe quanto il Capo del Governo aveva dichiarato in un’intervista concessa lo scorso aprile a Il Fatto Quotidiano.
La mancata zona rossa ad Alzano e Nembro
Era il 12 giugno quando Giuseppiveniva ascoltato dalla Procura orobica in relazione alla mancata zona rossa ad Alzano e Nembro. L’audizione mirava a chiarire cosa accadde nella Bergamasca tra il 3 e il 9 marzo, quando il coronavirus prese letteralmente possesso del territorio.
in quel momento, le misure
restrittive erano in vigore solamente nei Comuni di Codogno e Vo’. I contagi
erano però in forte aumento, tanto che il Pirellone
aveva lanciato l’allerta – senza però chiedere l’estensione
dell’isolamento.
Il 5 marzo, l’esercito e le forze dell’ordine giunsero nella Provincia per innalzare un cordone sanitario.
L’ordine di chiusura, però, non arrivò mai, perché secondo l’esecutivo l’epidemiaera già fuori controllo in buona parte della Lombardia. Che, infatti, venne
dichiarata interamente zona arancione
attraverso il provvedimento firmato l’8 marzo ed entrato in vigore il giorno
successivo.
La Procura di Bergamo è scesa in campo per capire se la mancata creazione della zona rossa ad Alzano e Nembro abbia causato l’impennata dei contagi. E, in base a tale ipotesi, per appurare le eventuali responsabilità – anche in virtù dell’increscioso balletto tra Palazzo Chigi e il Governatore lombardo Attilio Fontana.
In questo contesto si è inserita la desecretazione dei verbali
del Comitato tecnico scientifico per
effetto della richiesta della Fondazione Einaudi. I documenti, chiamati in
causa nei successivi Dpcm, evidenziano tra l’altro la contrarietà del Cts
a un lockdown
su scala nazionale. Gli esperti raccomandavano infatti misure rigorosesolo in
Lombardia e in 11 province localizzate tra Emilia-Romagna, Marche, Veneto e
Piemonte.
Conte ha mentito ai Pm?
Tra gli atti diffusi dall’esecutivo mancano però quelli relativi al 3 marzo. Data in cui il Cts si riunì
nella sede della Protezione Civile per affrontare la questione relativa alla
Bergamasca.
Tuttavia, uno stralcio
è stato fornito a Niccolò Carretta,
consigliere regionale del Pirellone in quota Azione. Il quale ne aveva fatto richiesta ad aprile e ha reso
pubbliche le carte. Da cui si evince, primariamente come
gli scienziati avessero proposto di estendere «le
opportune misure restrittive» anche ad Alzano e Nembro.
È qui che la vicenda assume, dal lato del Presidente del
Consiglio, dei contorni, come minimo, poco limpidi. Stando infatti alle
indiscrezioni diffuse da via Solferino, il Signor
Frattantoavrebbe detto alle toghe bergamasche
che «quel documento non mi è mai arrivato».
Tale circostanza viene però smentita da quanto lo stesso
leguleio volturarese ha rivelato al quotidiano fondato
da Antonio Padellaro. «La sera del 3
marzo il Comitato tecnico scientifico propone per la prima volta la possibilità
di una nuova zona rossa per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro».
Delle due l’una, ed è un aspetto su cui sarebbe più che
opportuno fare luce. Perché qui si andrebbe ben oltre lo scaricabarile
istituzionale tra Roma e Milano, e immensamente oltre la polemica sul
primato della politica sui tecnici. I quali potevano consigliare il
Governo, non condizionarlo – un principio che dovrebbe essere condiviso al
di là del giudizio di merito sulle scelte effettive.
Quello però su cui non possono – non devono esserci ombre è la testimonianza dell’ex Avvocato del popolo di fronte ai magistrati, non foss’altro nello spirito di una leale collaborazione istituzionale. E, se vi sono discrepanze che lasciano perplessi, è dovere del Primo Ministro fornire tutte le delucidazioni del caso. Che noi attenderemo vigilanti e con viva trepidazione.
Mirko Ciminiello è nato a Rimini nel 1985 e vive a Roma, dove si è laureato in Chimica (triennale) e Chimica Organica e Biomolecolare (specialistica) alla Sapienza, in Scienze della Comunicazione (triennale) e Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione (magistrale) a Roma Tre.
Giornalista, attore per hobby, collabora con l'associazione Pro Vita e Famiglia ed è autore di 9 libri, di cui due in inglese.
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