Sembra proprio che Donald Trump sia stato spiato al fine di creare ad arte una falsa connessione con la Russia. Questo almeno affermano gli atti che John Durham, procuratore speciale per la relativa inchiesta, ha depositato alla Corte distrettuale del District of Columbia. E che dimostrano anche che il tycoon venne controllato non solo da candidato, ma perfino da Presidente degli Stati Uniti.
Lo spionaggio ai danni di Donald Trump
A partire dal luglio 2016, i server riconducibili a Donald Trump vennero violati «per stabilire “un’inferenza” e una “narrazione” che legassero l’allora candidato Trump alla Russia». Lo sostiene, come riferisce Fox News, lo Special Counsel per il Russiagate John Durham, in un’istanza che ha recentemente presentato contro l’avvocato Michael Sussmann. E che la CNN ha messo a disposizione del grande pubblico.
Tecnicamente il leguleio, già sotto indagine per aver mentito all’FBI, è accusato di un possibile conflitto di interessi proprio per i documenti consegnati ai federali. Documenti che, come riporta il Wall Street Journal, avrebbero dovuto provare che la Trump Organization comunicava segretamente con una banca collegata al Cremlino.
Nell’occasione il legale aveva dichiarato di non «lavorare per nessuno», dimenticando però di precisare che aveva in essere collaborazioni con «almeno due clienti». Uno era il comitato elettorale della sfidante democratica per la Casa Bianca dell’epoca, Hillary Clinton. L’altro era un dirigente della Internet Company americana che ha materialmente estratto i dati «allo scopo di raccogliere informazioni denigratorie su Donald Trump». E che ha continuato a farlo anche quando quest’ultimo era divenuto il 45simo Potus, riuscendo a insinuarsi perfino nei server del suo Executive Office.
L’ombra del Watergate
Questo aspetto rende la vicenda, se possibile, ancora più grave e inquietante. E spiega perfettamente i paragoni con lo scandalo Watergate (a parti e partiti invertiti) instaurati da vari rappresentanti repubblicani, incluso lo stesso Trump. Anche perché il network di Rupert Murdoch ha ripescato un tweet come minimo inopportuno dell’allora competitor di The Donald, risalente all’ottobre 2016, appena prima delle Presidenziali.
A scanso di equivoci, comunque, va detto che malgrado i j’accuse del GOP al momento non risulta alcun coinvolgimento della ex First Lady nell’affaire. Per quanto, considerando quanto poi sarebbe accaduto durante Usa 2020, non sarebbe certamente una grossa sorpresa.
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