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Europa ed economia, da Charles Michel l’ennesima beffa per l’Italia

Il Presidente del Consiglio Europeo propone la sua versione del Recovery Fund che, malgrado l'apparenza di un compromesso, accontenta più i Quattro Frugali. Però il Premier Conte pensa a prorogare lo stato di emergenza

Certe volte, soprattutto in tema di Europa ed economia, il bi-Premier Giuseppe Conte assomiglia vagamente a uno studente poco preparato. Uno di quelli che, durante un’interrogazione, farfugliano l’essenziale per strappare la sufficienza, senza però aver chiaro il quadro d’insieme. Così, nel giorno in cui ha candidamente ammesso di star valutando il prolungamento dello stato di emergenza per il coronavirus, ha trascurato il vero problema. Che, come spesso accade, è di stanza a Bruxelles.

Europa ed economia, la proposta di Michel

Il binomio Europa ed economia è sempre stato abbastanza infausto per l’Italia, e la crisi da Covid-19 sta confermando la regola. Merito, si fa per dire, dei cosiddetti Quattro Frugali (Austria, Danimarca, Olanda e Svezia) nelle cui lingue il termine “solidarietà” deve avere un’accezione diversa dall’italiano.

Non si capirebbe altrimenti il senso della nuova proposta sul Fondo per la Ripresa formulata da Charles Michel, Presidente del Consiglio europeo. Che, rispetto al piano originario della Commissione Ue, fa un altro piccolo passo in direzione del blocco nord- e mittel-europeo.

L’ex Premier belga vorrebbe confermare l’entità del Recovery Fund, pari a 750 miliardi di euro, di cui 500 a fondo perduto e 250 come prestiti. E fin qui tutto bene. Poi, però, arrivano le note dolenti.

La noti dolenti dell’ipotesi del Consiglio europeo

Anzitutto, il Bilancio pluriennale 2021-2027 dell’Unione Europea dovrebbe ammontare a 1.074 miliardi di euro. Dimagrendo dunque di 26 miliardi rispetto all’originaria proposta da 1.100 miliardi della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Così si avrebbe un bilancio all’1,07% del Pil, che sarebbe una via di mezzo tra l’1,09% avanzato a febbraio e l’1,05% chiesto dai soliti noti.

Inoltre, per i Quattro Frugali (e anche per la Germania) verrebbe confermato per il prossimo settennio il meccanismo di correzione dei contributi. In sostanza, uno sconto sui fondi che i Paesi membri versano annualmente all’Ue – e su cui, curiosamente, nessuno ha nulla da ridire.

Ancora, il progetto di Michel prevede una condizionalità rafforzata sui piani di riforme da presentare a Bruxelles. I quali dovrebbero essere valutati – ed eventualmente approvati a maggioranza qualificata – dal Consiglio Ue, e non più dalla Commissione. Conferendo in tal modo un maggior peso decisionale ai componenti del Consiglio stesso – ovvero agli Stati membri.

Peraltro, anche la scelta sugli esborsi, formalmente affidata alla Commissione europea, sarebbe condizionata dai singoli esecutivi attraverso il Comitato economico e finanziario. Un organismo in cui sono rappresentati i Governi nazionali, della cui opinione la Commissione dovrebbe forzatamente tenere conto.

Questo strumento, infine, dovrebbe venire finanziatoça va sans dire – attraverso nuovi balzelli. Come una plastic tax, un’imposta sulle “importazioni di CO2” pomposamente definita carbon border adjustment mechanism, e una tassa digitale dal 2023.

Economia ed Europa, un accordo a ogni costo?

In definitiva, l’ipotesi del Consiglio europeo manterrebbe intatte le risorse del Recovery Fund, ma alzerebbe i paletti per poterne usufruire. Risultando quindi fortemente sbilanciata verso il blocco nordico – cui ha ripreso a dare manforte anche la Finlandia. La cui Premier, Sanna Marin, ha twittato a proposito della necessità di diminuire i finanziamenti e migliorare il rapporto tra sovvenzioni e prestiti.

La sensazione, insomma, è che si stia cercando di raggiungere un accordo a ogni costo, al costo di qualsiasi compromesso. Come se dimostrare che l’Europa può raggiungere un’intesa fosse più importante dei contenuti dell’intesa stessa. Si vedrà, in ogni caso, al vertice del 17 e 18 luglio prossimi.

Frattanto – per usare un avverbio caro all’ex Avvocato del popolo -, sarebbe anche arrivata l’ora di fare i conti, anzi i Conte con Bruxelles. Peccato che Giuseppi fosse distratto dallo stato di emergenza. Fosse almeno stato quello vero!