Recovery Fund, tutte le insidie della proposta franco-tedesca
Merkel e Macron d’accordo su un fondo da 500 miliardi. Ma, se per l’Eliseo devono essere finanziamenti a fondo perduto, il Governo di Berlino parla di un “piano di rimborso vincolante”. E in Italia c’è chi ha il coraggio di esultare…
La Cancelliera tedesca Merkel e il Presidente francese Macron nella conferenza stampa sul Recovery Fund
Sul Recovery Fund, il Fondo europeo per la Ripresa dalla crisi da Covid-19, si è improvvisamente riaperta la partita. Non a caso, i media nostrani hanno dato grande risalto all’intervento congiunto gallo-prussiano che l’ha riportato sotto i riflettori. Ma, come sempre quando c’è di mezzo l’Europa, non è tutto oro quel che luccica.
Il nuovo Recovery Fund franco-tedesco
Un fondo
da 500 miliardi di euro nel quadro del prossimo bilancio settennale
dell’Unione Europea. È quanto hanno proposto la cancelliera tedesca Angela
Merkel e il suo omologo francese Emmanuel Macron.
Un compromesso tra i Paesi dell’Europa meridionale – i più
colpiti dall’emergenza coronavirus -, che avevano chiesto almeno il triplo
delle risorse. E i “rigoristi”del Nord che a quanto pare fanno
una fatica enorme a comprendere il significato del termine “solidarietà”.
L’idea di Berlino e Parigi è proprio quella di mediare
tra le due diversissime posizioni. Il Recovery Fund avrebbe infatti una
potenza di fuoco minore di quanto auspicato, ma finanziata attraverso debito
comune Ue e con trasferimenti a fondo perduto.
Un’idea, appunto. O, per dirla con le parole del bi-Premier Giuseppe
Conte, «un primo passo importante». Anche se, ha chiarito il Signor
Frattanto, occorrerà una proposta più ambiziosa da parte della Commissione
Europea.
La proposta franco-tedesca (500 miliardi a fondo perduto) è un primo passo importante nella direzione auspicata dall'Italia. Ma per superare la crisi e aiutare imprese e famiglie serve ampliare il #RecoveryFund. Fiduciosi in una proposta ambiziosa da parte della @EU_Commission
Chi invece ha accolto favorevolmente il progetto germano-transalpino è quella parte di politica italiana usa a recitare il ruolo di utile idiota di Bruxelles. A cominciare dal Pd, il cui segretario Nicola Zingaretti ha esaltato la «giusta direzione». Aggiungendo inoltre lepidezze su «una nuova UE della crescita, del lavoro e della giustizia sociale».
La proposta di Francia e Germania sul #RecoveryFund è un passo avanti importante, così come la riflessione di Lagarde su…
A riportare i sognatori coi piedi per terra ci ha pensato il
Cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Che, dopo aver consultato i
Primi Ministri di Danimarca, Olanda e Svezia, ha precisato che «la
nostra posizione non cambia. Siamo pronti ad aiutare i Paesi più colpiti»,
ma solo «con prestiti». Non con sussidi.
Our position remains unchanged. We are ready to help most affected countries with loans. We expect the updated #MFF to reflect the new priorities rather than raising the ceiling.
E non è nemmeno l’unica trappola che, al solito, la
“solidale” Europa sta predisponendo.
Le trappole del Fondo per la Ripresa
«Quando arriveranno questi soldi? Fonti diplomatiche dicono
che la data potrebbe essere la fine dell’anno. C’è rischio di
implosione: serve che i fondi arrivino al più presto». Così il
neo-direttore de La RepubblicaMaurizio
Molinari, sottolineando in diretta tv il cruciale fattore tempo.
Ha ragione, naturalmente. Infatti Giuseppi, quando
ancora fingeva di poter rodomonteggiare con le istituzioni comunitarie,
voleva che il Fondo per la Ripresa fosse attivo
già entro l’estate. Ma, come sempre, dum herba crescit equus moritur.
C’è comunque dell’altro. Ed è nascosto in una frasetta che
fa capolino dal documento ufficiale del Governo teutonico, un’affermazione
piccola ma dagli effetti dirompenti. «Il Recovery Fund» sarà «legato a
un piano di rimborso vincolante». Che significa bye bye ai
finanziamenti a fondo perduto. Una postilla che ha scatenato le ire e le ironie
dell’opposizione.
Dai che anche tu ce la fai a tradurre "BINDING REPAYMENT PLAN"
— Claudio Borghi A. (@borghi_claudio) May 18, 2020
Anche il M5S, comunque, è scettico. «I contorni sono ancora poco chiari, e i testi scritti raccontano scenari meno solidali», ha avvertito per esempio il deputato Pino Cabras. «Segno che ai piani alti in Europa l’accordo non c’è ancora».
Quel che è già certo, invece, è che as usual per l’Italia
la strada è in salita. E che, sempre as usual, dell’Europa – soprattutto
finché a decidere sarà l’asse franco-tedesco – non ci si può mai fidare.
Nemmeno quando, come i Danai cantati da Virgilio, porta doni.
Mirko Ciminiello è nato a Rimini nel 1985 e vive a Roma, dove si è laureato in Chimica (triennale) e Chimica Organica e Biomolecolare (specialistica) alla Sapienza, in Scienze della Comunicazione (triennale) e Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione (magistrale) a Roma Tre.
Giornalista, attore per hobby, collabora con l'associazione Pro Vita e Famiglia ed è autore di 9 libri, di cui due in inglese.
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