L’aria dell’Himalaya deve aver fatto bene al leader di Iv Matteo Renzi, che anche da quota 4.000 metri non ha perso il gusto per i social, mostrando però per l’occasione il suo lato zen in salsa battiatesca: «Ci sono momenti in cui è bello riscoprirsi a riflettere» ha filosofeggiato via Facebook. «E quassù non ci sono polemiche ma solo tanta bellezza».
Va da sé che il solo accenno alla mancanza di polemiche è esso stesso un polemizzare, ma forse il gusto è diverso in mezzo alla natura incontaminata. Per un po’, almeno. Perché neanche le vette del Pakistan hanno potuto spegnere la verve dell’ex Rottamatore, che stava già predisponendo un’e-news straordinaria. E non è un mistero che il rinvigorimento e la serenità dell’ex Premier siano inversamente proporzionali a quelli del (bi-)Premier in carica, Giuseppe Conte.
«Nessuno di noi ha detto che vogliamo sfiduciare Conte» ha scritto il senatore di Rignano, prima però di precisare che sulla riforma della prescrizione targata Alfonso Bonafede «non torniamo indietro» e «faremo valere i nostri numeri». Il bastone e la carota. Probabilmente, un esplicito bacio della morte sarebbe stato meno inquietante per Giuseppi.
Del resto, il fondatore di Italia Viva non ha escluso (quasi) niente: «Se cade il Governo Conte Bis, ci sarà un nuovo Governo. Non le elezioni». Un esecutivo che dovrebbe durare per il resto della legislatura perché, escludendo il blocco sovranista, nessuno vuole andare a votare: troppo forte il rischio di vedere decimate le pattuglie degli onorevoli, soprattutto dopo che – come sembra scontato – il referendum del 29 marzo avrà fatto scattare il taglio dei parlamentari.
L’aspetto paradossale è che gli altri tre quarti dell’attuale maggioranza rosso-gialla sembrano pensarla in modo esattamente uguale e contrario: con Goffredo Bettini, lo spin doctor del segretario dem Nicola Zingaretti, che nei giorni scorsi ha esplicitamente esortato gli alleati ad adoperarsi per individuare, sia nelle fila dell’opposizione che in quelle della stessa Iv, dei senatori “responsabili” o “democratici” disposti a sostenere il BisConte.
Operazione (che curiosamente, con una diversa situazione politica, sarebbe stata di certo qualificata con termini molto meno nobili) che, almeno per il momento, è miseramente fallita, come l’altro Matteo non ha mancato di sottolineare trattenendo a stento il gongolamento. Il che, come già prefigurato da fonti di Italia Viva, lascerebbe al fu Avvocato del popolo «solo due strade: o un accordo con quel Renzi che fino ad oggi è stato attaccato dalle veline di Chigi e direttamente dal Premier o le dimissioni».
Le cose, naturalmente, non sono così semplici, come dimostrano le altre veline, quelle sul fantomatico Conte ter che hanno fatto infuriare anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, costretto a smentire con una nota le ricostruzioni che attribuivano «abusivamente intenzioni al Capo dello Stato riguardo alla situazione politica»: e che, secondo il deputato renziano Michele Anzaldi, provenivano direttamente dal portavoce del Presidente del Consiglio in quota pentastellata Rocco Casalino.
Accusa che ben presto si è trasformata nell’ennesimo motivo di attrito tra i rispettivi partiti, già da tempo ai ferri corti sulla legge Bonafede. E non è stato nemmeno l’ultimo fronte aperto. A stretto giro di posta, infatti, la diatriba si è spostata sui Decreti sicurezza che portano la firma dell’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini: che Italia Viva, in questo spalleggiata da Pd e LeU, vorrebbe smantellare, incontrando però le resistenze (nemmeno troppo forti, a dire il vero) del M5S.
La situazione, insomma, continua a essere fluida, e l’unica certezza è che non vi sono certezze – tranne una: una frase che probabilmente il Capo del Governo farebbe bene a ripetersi mentre la sua mente si interroga sulle strategie elaborate fra i monti imbiancati dalle nevi perenni. Timeo Danaos et dona ferentes. Che, attualizzata, si potrebbe tradurre “temo Renzi anche quando porta dei doni”. Giuseppe stai sereno.
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