Politica
Coronavirus, lo stato di emergenza durerà in tutto sei mesi
Lo prevede una delibera del Governo che fissa la scadenza al 31 luglio. E il Premier Conte annuncia che le attuali misure restrittive saranno prorogate oltre il 3 aprile
Lo prevede una delibera del Governo che fissa la scadenza al 31 luglio. E il Premier Conte annuncia che le attuali misure restrittive saranno prorogate oltre il 3 aprile
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3 anni fail
Nel giorno del suo onomastico (e della Festa del Papà), il bi-Premier Giuseppe Conte ha anticipato al Corriere della Sera l’intenzione del Governo di prolungare oltre la data del 3 aprile le misure restrittive attualmente in vigore, e anzi probabilmente di ampliarle.
«Quando raggiungeremo il picco e il contagio comincerà a decrescere» ha spiegato l’ex Avvocato del popolo, «non potremo tornare subito alla vita di prima. Al momento non è ragionevole dire di più, ma è chiaro che i provvedimenti che abbiamo preso, sia quello che ha chiuso molto delle attività aziendali e individuali del Paese, sia quello che riguarda la scuola, non potranno che essere prorogati alla scadenza».
Poco prima, il Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora aveva annunciato che l’esecutivo sta pensando di imporre il divieto assoluto di fare attività fisica all’aperto. «Ci sono ancora tantissime persone che sembrano sottovalutare i rischi che il Paese sta correndo» si è sfogato l’esponente grillino.
Da che pulpito, verrebbe da dire, considerato che i membri della maggioranza rosso-gialla hanno ripetuto allo sfinimento la corbelleria dell’è poco più di un’influenza, solo per timore di dover dare ragione a Matteo Salvini – non sia mai che il leader della Lega possa dirne una giusta. Timore a parole, almeno.
Perché lo scorso 31 gennaio, quasi nel silenzio generale, è stata emanata una delibera del Consiglio dei Ministri, a firma Giuseppi, che dichiarava «lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili»: e, particolare ancora più rilevante, tale stato veniva decretato «per 6 mesi dalla data del presente provvedimento», vale a dire fino al 31 luglio prossimo.
Vale la pena contestualizzare gli eventi, soprattutto in considerazione del fatto che il tempo sta einsteinianamente perdendo gran parte del proprio significato. A fine gennaio, in Italia non si era verificato ancora nessun caso di Covid-19, con la sola eccezione dei due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani e ora, per fortuna, completamente guariti. Lo scoppio del focolaio di Codogno, infatti, sarebbe avvenuto solamente tra il 19 febbraio (data del ricovero del “paziente 1”) e il 21 febbraio (giorno in cui, con la conferma che c’erano 16 casi positivi in Lombardia, l’epidemia faceva ufficialmente il suo tragico ingresso nelle nostre vite).
In effetti, quelli che la saggezza popolare definisce “Giorni della Merla” si stavano caratterizzando più che altro per i vaneggiamenti di certa classe politica impegnata a mostrare la lungimiranza di una talpa. A partire dal sindaco dem di Firenze Dario Nardella che, inventandosi as usual un inesistente allarme razzismo, si apprestava a lanciare il ridicolo hashtag #AbbracciaUnCinese, che di lì a poco avrebbe contagiato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – a conferma che la diffusione delle farneticazioni è più virale di quella dei virus.
Poi, 48 ore dopo, era toccato al segretario del Pd Nicola Zingaretti sghignazzare in diretta tv contro quelli che definiva «allarmismi infondati» ed «eccesso di isterismo». Si è ricreduto non appena la dantesca legge del contrappasso ha fatto il suo corso.
Ecco, in questo clima fin troppo rilassato, il Capo del Governo ha pensato bene, ribadiamo, di proclamare lo stato di emergenza per sei mesi. Non esattamente una bazzecola, visto che la misura comporta tra l’altro l’attribuzione al Consiglio dei Ministri di poteri speciali, come la possibilità di commissariare gli enti locali che, in capo a neanche un mese, avrebbe mandato su tutte le furie il Governatore lombardo Attilio Fontana: di cui si narra che avrebbe attaccato il telefono in faccia al BisConte dandogli del cialtrone – o, secondo altre fonti, del ciarlatano.
Ecco, è proprio per questa sperequazione tra dichiarazioni e azioni governative che viene da chiedersi: illustre signor Presidente del Consiglio, perché questa fretta? Aveva forse qualche informazione che la giustificasse? Cui prodest, altrimenti?
Attendiamo fiduciosi le ardue sentenze.
Mirko Ciminiello è nato a Rimini nel 1985 e vive a Roma, dove si è laureato in Chimica (triennale) e Chimica Organica e Biomolecolare (specialistica) alla Sapienza, in Scienze della Comunicazione (triennale) e Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione (magistrale) a Roma Tre. Giornalista, attore per hobby, collabora con l'associazione Pro Vita e Famiglia ed è autore di 9 libri, di cui due in inglese.
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