Terminato uno dei Campionati di Serie A tra i più soporiferi e dagli esiti da subito scontati… aprite una scatola di Simmenthal, non ci troverete di certo degli spaghetti ai frutti di mare… pronti via è partito il valzer delle panchine in Serie A. I quotidiani sportivi vendono più copie durante gli scabrosi sogni estivi dei tifosi che dopo le cronache invernali, ma la realtà di queste settimane non ha offerto colpi di scena per il momento.
Rimettete la leva antincendio al suo posto, falso allarme. Inzaghi proseguirà senza colpi di scena con la Lazio accontentando il figlio si racconta – e parco di un miglioramento/adeguamento del contratto con Lotito; la Roma parrebbe ancora un filo indecisa tra De Zerbi o Paulo Fonseca, mentre il Milan cambia binario in fretta ma senza alcuno scintillio dal fedelissimo Ringhio Gattuso ad un apatico Giampaolo e spifferano voci da uno spogliatoio spesso depresso. Il tutto senza scosse di terremoto o grande appeal. Se non fosse per la firma di Conte per l’Inter, ma già annunciata da tempo sullo scalpo di Spalletti (12 milioni netti all’anno per tre anni) e quella in arrivo di Sarri che starebbe per liberarsi dalla zarina feroce di un Chelsea che non l’ha mai amato veramente per raggiungere la vecchia rivale Juventus.
Poco, meglio che niente.
L’ingaggio di Conte all’Inter, lungo passato alla nemica giurata di sempre Juventus, palmares invidiabile sia da giocatore che da allenatore, viene visto da parte di alcune frange della tifoseria interista come un tradimento. Moratti non è di certo saltato sul dondolo dove sverna sui ricordi dei mille miliardi di lire versati nella pancia della sua vecchia creatura. Il ricordo del fallimento di Lippi – altro juventino traslocato a suo tempo sulla panchina interista brucia ancora. L’arrivo dell’allenatore salentino – per i più estremi e radicali tra i nerazzurri – assomiglierebbe a un pugno di sale gettato sulla ferita ancora e perennemente aperta nelle diatribe tra Juventus e Inter. Nota bene: Conte era il polmone bianconero in campo in quel lontano Aprile del 1998 in cui la Juventus supero’ l’Inter 1-0, giorno del clamoroso episodio del presunto fallo da rigore di Juliano contro Ronaldo e scudetto che prese per l’ennesimo anno la strada asfaltata di Torino.
Ancora in nome del guardiamo avanti, della Borsa forse e del bel gioco che deve prevalere su tutto e tutti, sulla sponda bianconera hanno pensato a Sarri per sostituire Allegri. Non proprio un vecchio amico uno che solo due anni fa, prima della pausa neutralizzante al Chelsea di Londra, da allenatore del Napoli del focoso anti juventino De Laurentis – non le mandò di certo a dire alla squadra di Torino: totale rivalità Sud contro Nord, dita medie indirizzate ai tifosi juventini, affermazioni polemiche assai sul fatturato della Juventus, sui calendari apparentemente favorevoli alla vecchia signora, e sull’atteggiamento poco sportivo della famiglia Agnelli & Company nell’affare del passaggio di Higuain alla vecchia signora.
Possibile che questi episodi siano stati digeriti e dimenticati al volo come una sforbiciata in area di rigore – in nome della professionalità dei nostri eroi del football? Conte su una sponda e Sarri dall’altra – non rappresentano di certo due simboli stra-cittadini sullo stile di un Totti (inimmaginabile, intollerabile, inaccettabile un passaggio di quest’ultimo a qualsiasi altra società in Italia, da giocatore o Dirigente) – ma entrambi gli uomini hanno effettivamente ricoperto un ruolo sportivo di protagonisti con un passato di sostanza proprio contro le società verso cui oggi si apprestano a virare.
E’ giusto ricordare che negli anni ottanta il Trap sconfinò dalla Juve all’Inter, dopo una carriera pazzesca a Torino (il buon Giovanni raccolse un solo Scudetto con la beneamata, i cambi Torino Milano non portano bene all’Inter), e poi che Eriksson allenò prima la Roma dove perse uno scudetto all’ultima giornata con il già retrocesso Lecce e poi si consolò alla grande vincendone uno con la Lazio … Il mondo del calcio è denso di corsi e ricorsi storici, chi si illude ancora di tenerlo imbottito e protetto nel comfort delle bandiere è un illuso. Smettiamola con questo romanticismo da stadio: oggi ciò che conta è possedere un abbonamento su Sky o Dazn, e vincere davanti alla tivvù, non partecipare ad un evento di sport.
Un punto sia chiaro: se all’arrivo del prossimo inverno, Conte e Sarri si troveranno avanti, comodi su una tavola imbandita ad affettarsi il panettone, potremo dire che l’alta classifica fa bene – spurga e depura incrostazioni- e a differenza dell’alta marea allaga d’amore anche i cuori più ostili. Magari non in eterno, ma si sa, “..si alza il vento… bisogna tentare di vivere” come scriveva Paul Valéry uno che ai moduli tre-quattro-tre, alla VAR e al rigore che forse c’era o non c’era non ci pensava davvero.
Francesco Di Pisa
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