Giovanni Minoli intervista Enrico Berlinguer circa un anno prima della data della morte, avvenuta a Padova, l’11 giugno 1984. Berlinguer, Segretario del più importante Partito Comunista occidentale, commenta il periodo storico eccezionale di allora con l’elegante austerità e il rigore delle figure forti, quelle che riempiono le pagine di storia e non i sacchetti riciclabili con decreti e slogan. Per l’Italia, per la Sinistra, una perdita tremenda, dagli strascichi infiniti.
L’intervista di Giovanni Minoli a Enrico Berlinguer
Ascoltare Berlinguer di allora ed esser costretti a fare un raffronto con la politica di oggi ci lascia muti, senza speranza. Modernità e futuro del Paese si sviluppano nella sua visione di come applicare il socialismo all’Italia. Cambiamenti adeguati alla situazione, e opportunità dei cambiamenti stessi. Argomenti alti nell’intervista, il mistero dell’attentato a Papa Wojtyla, l’appartenenza dell’Italia alla Nato, la decisa e modernissima presa di distanza pacifista di Berlinguer contro lo schieramento tra Unione Sovietica e Stati Uniti; lo strappo del PCI da Mosca, il passaggio da Breznev ad Andropov; compromesso storico, la figura di Aldo Moro che Berlinguer definisce l’interlocutore più valido e intelligente per il PCI; il terrorismo, le Brigate Rosse, i collegamenti, le trattative durante il rapimento dello statista che gli porse la mano e la cui morte cambiò forse il destino del Paese.
Definisce personaggi come Craxi, che chiama buon giocatore di poker, come Fanfani, uomo di spirito che risorge dopo le sconfitte, o Zaccagnini, uomo e avversario leale. Ma non filtra polemica alcuna, nemmeno quando Berlinguer si trova dinanzi alle domande sulla politica del PSI di allora, certamente non alleato dei comunisti, tranne che nelle città metropolitane come Roma.
Berlinguer politico, antieroe, ma anche padre che rifiuta educatamente di rispondere a riferimenti su questioni relative alla propria famiglia, mantenendo un senso di timido scherno. E pure uomo che segue lo sport, un telegiornale e qualche film, e fermamente smentisce le voci che lo considerano uomo triste,caratteristica che a volte qualcuno confonde con buono e sorride… e sorride finalmente, lasciandosi andare solo mentre racconta quasi con vergogna, di quando riuscirà ad andare in vacanza…
Non un centimetro sopra le righe o una strumentalizzazione degli eventi a suo favore, come la rielezione bulgara a capo del partito, ma prevalenza della nozione di appartenenza e del senso di Stato. La sensazione è quella della scelta ponderata eppure fluidissima di ogni singola lettera per comporre una frase, esprimere un concetto. Non si avverte mai fastidio, il peso del grigiore apparente di quegli anni.
Mancava in Berlinguer il protagonismo vuoto e ingiustificato della politica di oggi, la volgarità, l’eccesso spudorato, tutto ciò che ripudiamo ma alla fine oggi sembriamo accettare con rassegnazione. Tutti ricordano l’ilarità di Berlinguer preso in braccio da Benigni, molti si rapportano alla gioia di un uomo solo apparentemente malinconico, si resta infine stupiti dalla dolcezza quando definisce il film ET, l’Extraterrestre, un film pieno di poesia e amore che fa appello ai sentimenti migliori dell’uomo. I migliori sentimenti dell’uomo, proprio tutto quello che la politica di oggi ha perduto.
Francesco Di Pisa