La pandemia da Covid-19 e la Cina tornano a far discutere, anche se non nel modo in cui dovrebbero. Una recente inchiesta ha infatti evidenziato una serie di torbidi legami tra il Paese del Dragone e l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma il Giornale Unico preferisce concentrare le proprie attenzioni su alcune dichiarazioni – controverse ma legittime – di padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria.
La pandemia e il j’accuse di padre Livio
«Vi dico come la penso. Ho allargato le mie conoscenze e allargato i miei orizzonti: questa epidemia è un progetto, ben preciso, per colpire l’Occidente. Io l’ho sempre attribuito al demonio, che agisce attraverso gli uomini e quindi delle menti criminali, che l’hanno realizzato con uno scopo ben preciso: creare un passaggio repentino per attuare una specie di colpo di Stato sanitario».
Questo il durissimo j’accuse lanciato nell’etere da padre Livio Fanzaga – per tutti semplicemente padre Livio. Il quale, dai microfoni dell’emittente da lui guidata, non le ha mandate a dire. «Un progetto volto a fiaccare l’umanità, metterla in ginocchio, per poi instaurare una dittatura sanitaria, cybernetica. Creare un mondo nuovo. È un progetto criminale portato avanti dalle élites mondiali per costruire un mondo nuovo senza Dio».
Il presbitero ha anche avanzato dubbi sull’origine “cinese” del virus. «Questa epidemia è un progetto non casuale, che non viene dai pipistrelli o dal mercato di Wuhan. Si è sviluppata come un progetto ben preciso per colpire l’Occidente, forse non solo dalla Cina. Partiva dal Brasile, causando 60 milioni di morti, con una simulazione della Fondazione Gates. E poi infatti è arrivata esattamente così». Con l’obiettivo finale di «eliminare tutti quelli che non stanno a questo gioco, per realizzare questo mondo nuovo che è il mondo di Satana, dove noi saremo tutti degli zombie».
Affermazioni chiaramente inaccettabili per i megafoni del pandemicamente corretto, da cui è immediatamente partito l’immancabile fuoco di fila contro il sacerdote. Come se non fosse ovvio, e perfino banale che un uomo di Chiesa scorga l’azione di Dio (o del diavolo) nella Storia. E, soprattutto, come se nelle sue parole non vi fosse un oggettivo fondo di verità.
La pandemia e l’inchiesta del NYT
Partiamo dall’inizio, da quel Paese ai confini del mondo che da sempre, a livello economico, pare un misto tra un rapace e un saprofago. E a cui la pandemia non solo non ha causato troppi danni, ma ha portato addirittura benefici. Perlomeno nella misura in cui, devastando le economie occidentali, ha fatto crollare il valore degli asset rendendoli terreno di caccia per un regime predatorio.
Guarda caso, il microrganismo è partito proprio da questa Nazione e, con buona pace di qualunque bollino social, sulla sua eventuale origine naturale non ci sono prove. Lo si dà più o meno per scontato, ma nessuna autorità sanitaria indipendente può dimostrarlo perché Pechino sta ostacolando qualsiasi indagine.
Come ha sottolineato un’inchiesta del New York Times, volta a ricostruire gli avvenimenti dalla fine di dicembre 2019. Quando il mercato di Wuhan venne sanificato in fretta e furia per impedire, si disse, lo scoppio di un’epidemia. Distruggendo così i campioni che avrebbero potuto svelare la verità sulla genesi del virus.
Di lì a poco, sul posto si recarono anche gli esperti del Centro cinese per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, il China CDC. Il cui responsabile, George F. Gao, tre settimane dopo dichiarò che il suo team non aveva fatto in tempo a condurre una ricerca approfondita del veicolo animale del contagio.
Questa è tuttora la versione ufficiale di Pechino. Tuttavia, un resoconto ufficiale di quei giorni affermò che gli esperti del China CDC avevano prelevato campioni sia ambientali che dai prodotti in vendita. E lo stesso Gao, nel marzo 2020, si lasciò sfuggire in televisione che i saggi animali provenienti dal mercato di Wuhan non contenevano tracce del virus. Che significherebbe che questi campioni esistono, come le relative analisi. A cui però, a oggi, nessuno ha mai avuto accesso.
L’ennesima genuflessione dell’Oms alla Cina
Nel frattempo – udite, udite! – è stato annunciato l’avvio di un’inchiesta congiunta tra Cina e World Health Organization, concernente proprio la pandemia. Con due piccoli e insignificanti dettagli. Il primo è che i lavori, al momento, procederanno solo per via telematica, visto che la pandemia rende impossibile – ovviamente – una ricerca sul campo. E chissà se e quando mai la permetterà.
Il secondo particolare emerge da alcuni documenti riservati che il NYT ha potuto visionare. E che mostrano come l’Oms abbia di fatto già ceduto a Pechino il totale controllo dell’indagine. Per esempio, accettando che gli studi sui primi pazienti ricoverati e sugli animali vivi venduti al mercato di Wuhan vengano condotti esclusivamente da scienziati cinesi.
Non che sia una grande sorpresa, considerando l’atteggiamento remissivo (eufemismo) tenuto in questi mesi dalla WHO. Il cui Direttore generale, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, a fine gennaio incontrò il numero uno cinese Xi Jinping. E riuscì nell’impresa di congratularsi per «la serietà con cui la Cina sta affrontando questo focolaio e la trasparenza che ha dimostrato». Che è come lodare il bi-Premier Giuseppe Conte per la brevità e la semplicità delle sue conferenze stampa a reti unificate.
Proprio queste continue genuflessioni al Dragone da parte dell’agenzia sanitaria dell’Onu avevano mandato su tutte le furie il Presidente Usa Donald Trump. Che prima aveva sospeso i fondi all’organizzazione, bollata come «burattino della Cina», e poi aveva annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’ente.
Curiosamente, il candidato democratico alle Presidenziali Joe Biden aveva immediatamente anticipato che, da Presidente, avrebbe annullato tale decisione. E, sempre curiosamente, la Cina ha plaudito alla (presunta) elezione dell’ex vicepresidente di Barack Obama alla Casa Bianca. Elezione in realtà solo mediatica, ma anche questo è meglio non dirlo ai manutengoli del politicamente corretto.
Il lockdown del pensiero
Strano quindi che, con tutta questa carne al fuoco, i giornaloni preferiscano irridere le idee di un religioso, alla faccia della democrazia e della libertà di espressione. Come se il libero arbitrio fosse una patologia da estirpare a sua volta mediante il pensiero unico.
Le prime avvisaglie, del resto, si erano già avute con la Commissione Segre e la pdl Zan. Che, col pretesto di aggiungere tutele a minoranze fortunatamente già protette, si propongono in realtà di censurare le opinioni sgradite.
Tipo, appunto, quella di padre Livio, sbeffeggiato gratuitamente – dunque vigliaccamente e ignobilmente – dall’odierno Minculpop. Intollerante a qualsiasi parere che diverga rispetto a quello della “cultura” dominante.
È il lockdown del pensiero, l’ultima deriva di un politically correct che concepisce il Diritto e i diritti solo a rovescio. Benvenuti in 1984 di George Orwell.
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