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Ius Scholae, Tajani al Meeting di Rimini: “Preferisco chi non ha origine italiana ma canta l’inno di Mameli”

Bambina immigrata_pexels-cottonbro

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Il dibattito sullo ius scholae riflette le profonde trasformazioni che stanno interessando la società italiana

Il dibattito sull’introduzione dello ius scholae – una riforma che permetterebbe ai figli di immigrati cresciuti e formati in Italia di ottenere la cittadinanza – continua a suscitare reazioni contrastanti nel panorama politico italiano. Le recenti dichiarazioni del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, durante il Meeting di Rimini, hanno riacceso la discussione, evidenziando le complesse dinamiche tra integrazione, identità nazionale e diritti civili.

Tajani: la realtà italiana di oggi

Nel suo intervento, Tajani ha sottolineato la necessità di affrontare la questione della cittadinanza con pragmatismo e attenzione alla realtà odierna dell’Italia. “Non perché sono un pericoloso lassista che vuole aprire le frontiere a cani e porci”, ha affermato, ma perché “la realtà italiana è questa e dobbiamo pensare a quello che sono gli italiani oggi”. Con queste parole, il vicepremier ha voluto evidenziare come l’identità italiana non sia più esclusivamente legata a fattori etnici o geografici, ma piuttosto a una condivisione di valori e cultura.

Tajani ha ribadito l’importanza della formazione e dell’adesione ai valori europei come criteri fondamentali per l’appartenenza all’Italia contemporanea. “Se accetti di essere europeo nella sostanza sei italiano e europeo non perché hai la pelle bianca, gialla, rossa o verde ma perché dentro di te hai quelle convinzioni, perché dentro di te vivi quei valori, perché dentro di te hai quell’anima europea”, ha dichiarato. Questo messaggio riflette una visione della cittadinanza più inclusiva e orientata verso l’integrazione culturale piuttosto che verso la semplice appartenenza etnica.

La resistenza della Lega e le parole di Berlusconi

Dall’altra parte del dibattito, la Lega continua a mantenere una posizione fortemente contraria allo ius scholae, come dimostrato dalla riproposizione di un video di Silvio Berlusconi in cui l’ex premier esprimeva la sua opposizione sia allo ius soli che allo ius scholae. Questo gesto ha suscitato la replica di Tajani, che ha ribadito come non sia appropriato usare Berlusconi per alimentare polemiche politiche, sottolineando invece l’importanza di un percorso educativo completo fino ai 16 anni come prerequisito per ottenere la cittadinanza.

Tajani ha chiarito che l’acquisizione della cittadinanza dovrebbe essere legata non solo alla frequenza scolastica, ma al raggiungimento di una conoscenza profonda della cultura italiana. Questo approccio mira a garantire una vera integrazione, piuttosto che una semplice concessione di diritti formali.

Una nuova definizione di “italianità”?

Le parole di Tajani al Meeting di Rimini segnano un possibile cambio di paradigma nella concezione di “italianità”. Il vicepremier ha enfatizzato come la cittadinanza non debba essere determinata unicamente dalla discendenza, ma anche dall’adesione ai valori e alla cultura che definiscono l’Italia contemporanea. “Preferisco uno che non ha il cognome italiano e ha i genitori non nati in Italia che canta l’inno di Mameli ad uno che è nato in Italia, ha i genitori italiani, ma si rifiuta di cantare l’inno di Mameli”, ha affermato, sottolineando come l’identità nazionale debba essere basata su un sentimento di appartenenza condiviso piuttosto che su mere questioni anagrafiche.

Il dibattito sullo ius scholae riflette le profonde trasformazioni che stanno interessando la società italiana. Mentre alcuni vedono in questa riforma un rischio per l’identità nazionale, altri, come Tajani, la considerano un passo necessario per riconoscere la nuova realtà del paese e promuovere una società più inclusiva e coesa. L’Italia dovrà trovare un equilibrio tra l’integrazione dei nuovi cittadini e la preservazione dei valori che hanno storicamente definito la nazione.