Lo scorso venerdì 5 giugno è stata celebrata la Giornata
dell’Ambiente, istituita dalle Nazioni Unite nel 1972 per
sensibilizzare sull’uso sostenibile delle risorse naturali. Una delle
innumerevoli ricorrenze ideologizzate che servono a ricordare al mondo
l’esistenza degli eco-fanatici. E, come sempre, anche in questa occasione oltre
la stucchevole retorica c’è il nulla.
La Giornata dell’Ambiente 2020
È il momento per la natura, lo slogan scelto per
l’edizione 2020 della Giornata dell’Ambiente. Soprassedendo (sia pure con uno
sforzo notevole) sull’italiano zoppicante, prendiamo atto che il motto dovrebbe
in qualche modo misterioso far riferimento alla biodiversità. Ovvero alla
coesistenza in uno stesso ecosistema di diverse specie animali e vegetali in
reciproca relazione.
Un equilibrio che – apprendiamo – sarebbe oggi a rischio,
naturalmente per colpa degli esseri umani. Le cui attività
minaccerebbero di estinzione circa
un milione di specie differenti – che lo scrivente si augura vivamente includano
mosche e zanzare. Tutto ciò nonostante «i Sapiens, su questo
pianeta, da soli non sono niente, hanno bisogno di tutti gli altri viventi…».
Parole e musica del divulgatore
scientifico Mario Tozzi, all’interno di una riflessione sulla celebrazione
di cui questo passo è l’unico che si potrebbe salvare. Non che sia tutta colpa
sua, beninteso, visto che l’anniversario è anodino fin dalla denominazione.
La differenza tra Creato e ambiente
Un conto, infatti, sarebbe inneggiare al Creato, che
rimanda al Creatore e alla responsabilità dell’uomo come vertice,
centro e custode della Creazione. Tutt’altro conto è esaltare l’ambiente, che
al massimo rimanda alla moderna Pippi Calzelunghe o a quell’idolatria
neo-pagana che considera il genere Homo alla stregua di un parassita.
Quella che (giustamente) si indigna per l’elefantessa
incinta morta nel distretto indiano di Palakkad dopo aver ingerito un ananas
pieno di esplosivo. Ma che (ottusamente) si scaglia – soprattutto in quella sentina
virtuale costituita dai social – contro «la
crudeltà dell’uomo».
Ignorando che il povero pachiderma non era l’obiettivo del frutto al tritolo, che in quella zona viene (deplorevolmente) usato per scongiurare incursioni di animali selvatici. Ma, soprattutto, girandosi dall’altra parte rispetto ai 40-50 milioni di bambini uccisi ogni anno nel grembo materno attraverso l’aborto volontario. Anzi, peggio, spacciando tale delitto per un diritto per cui non si versano lacrime né fiumi di vacua oratoria.
E – si badi – le questioni sono più correlate di quanto possa sembrare, perché non ci può essere una vera ecologia se non è ecologia umana. Come infatti puntualizzava un gigante come Papa Benedetto XVI, «l’uso sconsiderato della creazione inizia laddove Dio è emarginato o addirittura se ne nega l’esistenza». Che poi è la stessa sconsiderata Weltanschauung che porta a crearsi idoli alternativi, tra cui la stessa natura. Pardon, l’ambiente.
Le criticità evidenziate nella Giornata dell’Ambiente
A tal proposito, la prima delle
tante querimonie della Giornata dell’Ambiente riguarda un dato diffuso dal Copernicus
Climate Change Service. Secondo cui nel maggio appena trascorso
le temperature sono state di 0,63°C più alte della media dello stesso mese tra
il 1981 e il 2010. Nonché il più caldo di sempre all’interno di
questo periodo.
Un intervallo cronologico
piuttosto singolare, che porta a chiedersi perché sia stata esclusa
dal computo la decade più recente. Tanto più che in una
pagina diversa dello stesso imparzialissimo sito il dato viene riferito all’ultimo
quarantennio – erroneamente, perché altrimenti non tornerebbero i conti.
È però un fatto che, estendendo
l’arco temporale, lo scostamento climatico si riduce – per l’esattezza,
a 0,55°C. Non sarà tantissimo, ma basta a far sorgere qualche dubbio sulla
metodologia.
Tanto più che, com’è
ampiamente noto, il picco termico di ogni tempo si è avuto all’incirca
8.000 anni fa, nel cosiddetto optimum climatico dell’Olocene. Quando la
temperatura media del pianeta era di 1,6 ± 0,8°C maggiore di quella attuale,
con punte di 9°C a livello locale. Malgrado l’assenza delle moderne attività
umane.
A monte, infatti, va anzitutto messo
in discussione il fatto che si dà per scontato che il fenomeno rilevato sia (almeno
prevalentemente) di origine antropica. Tanto che lo si accompagna all’altro
dato per cui, sempre a maggio, si è registrato il record assoluto della concentrazione
globale di anidride carbonica. Il precedente primato apparteneva all’aprile
2020.
Due mesi in cui il mondo stava
affrontando o iniziava faticosamente a uscire dal pesante lockdown dovuto
alla pandemia di Covid-19. E in cui, pertanto, le attività umane erano
fortemente ridotte.
I paraocchi ideologici dell’ambientalismo
Non è difficile fare due più due,
eppure esperti come lo stesso Tozzi preferiscono indulgere nei soliti, vetusti cahiers
de doléances. In cui, ça va sans dire, trova spazio anche l’usuale
intemerata contro la cattivissima plastica.
Ora, essendo Tozzi un geologo,
gli si può perdonare che ignori che questo vituperato materiale ci ha salvati
durante l’emergenza coronavirus – presente le mascherine? Dovrebbe
invece sapere bene quale ruolo ha il vulcanismo nelle emissioni di CO2.
Ruolo che, peraltro, nonostante sia importante è di gran lunga inferiore
rispetto a quello di altri fenomeni naturali. I quali, come magistralmente
sottolineato da Antonino Zichichi, incidono complessivamente sul
clima per il 90%. Tra tali fenomeni spiccano
le variazioni dell’attività solare e i cosiddetti cicli
di Milanković (cambiamenti periodici dell’eccentricità dell’orbita
della Terra, dell’inclinazione e della precessione dell’asse terrestre).
Questa è parola della scienza, eppure gli
intelliggenti con-due-g – compresi quelli dell’Onu – le preferiscono
una vuota e ampollosa magniloquenza. Tipo l’avvertimento
(sic!) che attraverso il virus la natura «ci sta inviando un
messaggio».
Ammesso che sia così, il messaggio sarebbe verosimilmente cave Cinam, però dirlo sarebbe politicamente scorretto. E, comunque, per poterlo fare occorrerebbe prima togliersi i paraocchi dell’ideologia. Campa cavallo.
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