Che lo slittamento in autunno delle Elezioni 2021 avrebbe stravolto la corsa al Campidoglio era quasi lapalissiano. Roma, infatti, è una delle metropoli (come Milano, Napoli, Torino, Bologna) che si accingevano a rinnovare l’amministrazione, prima della procrastinazione pandemica decisa dal Governo Draghi. Meno scontato, invece, era che questo terremoto politico avrebbe generato delle scosse di assestamento. Che potrebbero ripercuotersi sulla nomina del nuovo Presidente della Repubblica, e perfino sui destini dell’esecutivo.
Il rinvio delle Elezioni 2021
Si era al tramonto della scorsa settimana quando il Consiglio dei Ministri ha sancito il rinvio delle Elezioni 2021, originariamente previste in primavera. Le Regionali calabresi, le Suppletive senesi e le Amministrative in quasi 1.300 Comuni si terranno quindi in una finestra compresa tra il 15 settembre e il 15 ottobre.
Partiti e coalizioni avranno dunque più tempo per organizzare al meglio l’appuntamento elettorale, che stava creando parecchi grattacapi. Paradigmatico è il caso della Capitale dove, tra le forze principali, solo il M5S ha ufficializzato la ricandidatura del primo cittadino uscente Virginia Raggi.
Secondo i rumours, il Pd starebbe pensando all’ex Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e al segretario dimissionario Nicola Zingaretti. Il primo, però, continua a nicchiare, mentre il Governatore del Lazio, interpellato sull’eventualità, ha risposto tranchant (appunto): «Io faccio il Presidente di Regione».
Potrebbe però essere un’indisponibilità di facciata, tanto che c’è chi assicura che Zinga abbia in realtà già deciso di tentare la scalata a Palazzo Senatorio. Anche se rischia di essere penalizzato dalla concorrenza di Carlo Calenda, leader di Azione.
Se Atene piange, comunque, Sparta non ride. Il centrodestra, infatti, sembrava aver individuato il profilo giusto nell’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso. Che però ha declinato l’offerta, ricordando di avere un incarico «in Lombardia come volontario consulente del Governatore Fontana».
Ha colto la palla al balzo il critico d’arte Vittorio Sgarbi, secondo cui «se il centrodestra vorrà convergere su di me si può vincere al primo turno». La dilazione, però, potrebbe rimescolare ulteriormente le carte. Soprattutto alla luce delle dichiarazioni del segretario leghista Matteo Salvini, che vede in Bertolaso «il sindaco migliore per rilanciare e far rinascere la splendida città di Roma».
Le conseguenze sul Colle
La ricalendarizzazione delle Elezioni 2021, però, potrebbe avere dei riflessi anche sulla partita per la successione a Sergio Mattarella. Nonché sul futuro dell’esecutivo guidato da Mario Draghi.
Sembrerebbe infatti che la due-giorni prescelta sarà il 10 e 11 ottobre, e verosimilmente si opterà per l’Election Day. A cui, almeno sulla carta, potrebbero essere accorpate le Politiche, in caso di crisi di Governo – pilotata o meno.
Il prossimo 3 agosto, però, scatterà il cosiddetto semestre bianco, periodo in cui il Capo dello Stato non può sciogliere le Camere. Contestualmente, la Costituzione prevede che tra la fine (anche anticipata) della legislatura e le urne vere e proprie debbano passare tra 45 e 70 giorni. Di solito, però, ne trascorrono circa 60.
Simili tempistiche dovrebbero garantire al Governo in carica una (più) lunga vita, poiché renderebbero improbabile rinnovare il Parlamento in una tornata elettorale unica. Il che significa che sarebbe quello attuale a eleggere il nuovo inquilino del Colle – e gli equilibri in Aula sono fortemente instabili.
La strategia autoreferenziale della ex maggioranza che sosteneva il Conte-bis, infatti, è saltata per via della rottura con Italia Viva e della mini-scissione grillina. Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e LeU non sono più autosufficienti, e non a caso si sussurrava di un secondo mandato per Mattarella. Ipotesi sempre smentita dal diretto interessato.
La rosa dei quirinabili, poi, comprende anche lo stesso SuperMario. D’altronde, dice il proverbio che non c’è rosa senza spine – neppure di Draghi.
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