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“Conte calpesta la Costituzione”. Così Renzi torna Rottamatore

"Un Premier non può con proprio decreto cambiare la Carta" l'attacco del leader di Iv, che trova sponda tra giuristi come la presidente della Consulta Cartabia. Ma "l'altro Matteo" non intende aprire la crisi - o almeno così dice

Il bi-Premier Giuseppe Conte calpesta la Costituzione. L’attacco, pesantissimo, non è arrivato da dove ci si aspetterebbe, ovvero dall’opposizione – o almeno non da quella tradizionale. La bomba è stata infatti sganciata dall’interno, da quel Matteo Renzi che guida un partito di maggioranza come Iv: anche se ogni tanto sembra dimenticarsene.

Conte calpesta la Costituzione

L’ultimo Dpcm «è uno scandalo costituzionale», è stato il primo affondo dell’ex Rottamatore. «Non possiamo calpestare i diritti costituzionali. Trasformiamolo in un decreto e portiamolo in Parlamento. Un Presidente del Consiglio non può con proprio decreto cambiare la Costituzione».

Era il primo atto di una battaglia verbale destinata a monopolizzare un’intera giornata politica. Con l’ex Avvocato del popolo che inizialmente ha liquidato il fuoco amico come semplice punto di vista. «Libertà d’opinione, ma a me tocca decidere» ha fatto spallucce, dopo aver precisato di non aver avuto il tempo di guardare la rassegna stampa.

«Meno male che c’è la libertà d’opinione» ha quindi ironizzato il senatore fiorentino. Come a lasciar intendere che non sempre dalle parti di Palazzo Chigi se ne ricordano.

La frecciata riguardava anzitutto la compressione (eufemismo) del coinvolgimento parlamentare che sta facendo storcere il naso a parecchi: addetti ai lavori, ma non solo.

«La tipologia di questa emergenza ci impone di dover intervenire decidendo anche nel giro di poche ore» avrebbe spiegato in seguito Giuseppe 1. Ma il ragionamento, condivisibile a inizio pandemia, funziona decisamente meno dopo due mesi.

Tanto più che di lì a poco sarebbe arrivato l’ennesimo autogol di Giuseppe 2. «Questo non significa che le prerogative del Parlamento non siano rispettate: continuerò a riferire. I decreti saranno convertiti in legge».

Tradotto dal politichese, significa che secondo il Capo del Governo le Camere dovrebbero fungere unicamente da passacarte. Ascoltare le sue comunicazioni, votare i suoi provvedimenti e non disturbare, sennò c’è la fiducia.

Ora, è chiaro che quella di Giuseppi era una gaffe, anche se piuttosto imbarazzante. Però illustra perfettamente il motivo della crescente insofferenza verso il suo recente modo di governare: anche da parte di personaggi insospettabili.

La bussola dev’essere la Carta

«La piena attuazione della Costituzione richiede un impegno corale, con l’attiva, leale collaborazione di tutte le Istituzioni, compresi Parlamento, Governo, Regioni, Giudici. Questa cooperazione è anche la chiave per affrontare l’emergenza. La Costituzione, infatti, non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali, e ciò per una scelta consapevole, ma offre la bussola anche per navigare per l’alto mare aperto nei tempi di crisi».

Parole e musica della Presidente della Consulta Marta Cartabia, in occasione della relazione sull’attività della Corte Costituzionale nel 2019. Un richiamo in cui molti hanno colto un riferimento all’attualità più stretta, malgrado la stessa Corte abbia parlato di lettura fuorviante.

Vero è che in Italia nessuna crisi ha mai messo in discussione l’impianto costituzionale repubblicano, che prevede pesi e contrappesi. Così come, da vari pronunciamenti della Consulta, «più la compressione di un diritto o di un principio costituzionale è severa», più dev’essere circoscritta nel tempo.

Le stoccate di giuristi e costituzionalisti

Lo stesso concetto l’ha espresso anche il Presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick. «Occorre che gli interventi di carattere emergenziale che comportano dei limiti alla libertà di circolazione siano proporzionati, adeguati, ragionevoli», non discriminatori e temporanei.

L’ex Guardasigilli però è andato ben oltre. «I vincoli alla libertà della persona devono trovare riferimenti nella Costituzione» ha affermato. Per questa ragione, «la sequenza dei decreti del Presidente del Consiglio che si sono susseguiti è discutibile».

Non è l’unico giurista ad aver espresso perplessità in tal senso. Per il costituzionalista Sabino Cassese, per esempio, l’esecutivo rosso-giallo non ha forse calpestato la Carta fondamentale, ma «l’ha un po’ dimenticata» e «un po’ stropicciata». E per il docente di Diritto Francesco Clementi il Dpcm è uno strumento inelegante, «difficilmente da intendere se si invoca il principio della leale collaborazione».

Di qui il tweet del deputato di Italia Viva Gennaro Migliore, indirizzato al Pd. Che a quanto pare continua a essere più preoccupato del consenso del leader leghista Matteo Salvini che delle sorti del Paese. E probabilmente dovrebbe farsi qualche domanda.

Nessuna crisi all’orizzonte?

Effettivamente, il Capitano non ha quasi bisogno di fare opposizione: tanto ci pensano già il BisConte (coi suoi provvedimenti) e l’altro Matteo (coi suoi distinguo).

«La libertà non vale meno della salute» ha tuonato il fondatore di Iv, «e non può esser messa in discussione da un Premier, sennò questo costituisce un precedente». Soprattutto se le limitazioni, accettate a causa dell’emergenza coronavirus, vengono imposte «con un atto personale» dell’inquilino di Palazzo Chigi.

Renzi, cioè, ha imputato al suo (non immediato) successore l’abuso di Decreti del Presidente del Consiglio. E ha evocato il rischio di una deriva da Stato etico.

«La libertà di movimento, la libertà religiosa e tutte le altre libertà non sono “consentite” da un Governo: la libertà viene prima del governo. La libertà legittima il Governo, non viceversa. Quando succede il contrario, sono tempi bui per tutti».

Parole durissime, seguite però da una rassicurazione: Italia Viva non ha intenzione di aprire una crisi di Governo nonostante, a parer suo, Conte calpesta la Costituzione.

Una presa di posizione che ha scatenato il popolo social, lesto a tacciare il senatore di Rignano di incoerenza e ipocrisia – come se sostenesse l’esecutivo a sua insaputa. Ignorando probabilmente che il suo bacio della morte è infinitamente più inquietante di qualsiasi minaccia.